Corsa contro il tempo per l’abilitazione dei giovani avvocati
Correzione degli scritti 2019 in ritardo: se l’esito non arriverà prima dell’inizio degli orali i candidati rischiano di dover ripetere la prova
È una corsa contro il tempo, con l’obiettivo di terminare la correzione degli scritti entro luglio. La sessione 2019 degli esame di Stato degli avvocati è in affanno – così come le prove di abilitazione di altre categorie – complice il blocco di 60 giorni di tutti i concorsi imposto dall’emergenza sanitaria. Dal 16 maggio si è, però, ripreso ad esaminare i compiti scritti (tre per candidato) svolti a dicembre. Solo otto sottocommissioni d’esame hanno per ora chiesto e ottenuto di passare alla correzione a distanza, modalità introdotta dal decreto legge Rilancio.
Le richieste dei candidati
Questo non attenua le preoccupazioni degli oltre 20mila aspiranti avvocato che hanno iniziato il percorso di abilitazione a dicembre 2019 e ora temono di arrivare alla sessione degli esami di Stato del prossimo dicembre senza conoscere il risultato degli scritti. Tanto che una petizione lanciata a fine aprile ha raccolto 4mila firme e ha poi finito per dar vita a un comitato per l’esame di avvocati che ora sta facendo pressione su Governo e Parlamento perché si introducano misure che fughino ogni incertezza.
Tutto si gioca sul tempo rimasto da qui a dicembre: se la correzione degli scritti andrà per le lunghe, non sarà possibile iniziare gli orali prima della nuova sessione di esami di Stato. Agli interessati non resterà, pertanto, altro da fare che iscriversi cautelativamente alle prove di abilitazione del prossimo dicembre e rifare le tre prove scritte, in attesa di conoscere il risultato di quelle del 2019.
Con un ulteriore esborso economico oltre che dispendio di energie. «Per questo – spiega Isabel Bassanelli, praticante presso lo studio Lca e componente del comitato – abbiamo avanzato due proposte: considerare come abilitante il solo scritto laddove superato e rinunciare alla prova orale oppure fare in modo che lo scritto sostenuto nel 2019, se positivo, valga anche per le prove orali del 2020, evitando di impegnarci in nuovi scritti “cautelativi”.
Le commissioni
Dal fronte dei commissari arrivano, però, segnali confortanti. «Prima del blocco – afferma l’avvocato Alberto Marchesi, presidente della commissione centrale – le sottocommissioni sul territorio avevano già valutato circa il 40% degli scritti e ora contiamo di finire a luglio. Si sta lavorando di buona lena e al momento solo a Brescia, Genova, Palermo, Torino, Bologna, Ancona, Campobasso e Trento hanno chiesto di passare alla correzione da remoto.
Come commissione centrale abbiamo fornito le linee guida per farlo: il presidente della sottocommissione e il segretario devono essere presenti in sede, mentre gli altri commissari si collegano in videoconferenza utilizzando Teams o Skype for business. Il presidente legge l’elaborato che poi viene valutato collegialmente».
Le sedi super-affollate
L’obiettivo
di luglio può essere un po’ più problematico nei distretti di Corte
d’appello dove i candidati sono migliaia, come a Napoli, Roma e Milano.
Ma anche lì non si dispera di farcela. «Prima della sospensione eravamo
al 44% delle prove corrette», sottolinea l’avvocato Leonardo Salvemini,
presidente della prima sottocommissione di Milano, distretto a cui è
toccata la valutazione delle prove dei 4mila candidati di Napoli
(dunque, 12mila elaborati).
Carico che, come vuole la legge, va suddiviso su più sottocommissioni, ognuna delle quali esamina 300 candidati (a Milano, pertanto, le sottocommissioni sono 14). «Abbiamo ripreso a lavorare in presenza – aggiunge Salvemini – ma non escludo che qualche sottocommissione possa chiedere di farlo da remoto. Anche se, per come è congegnata la norma, la correzione a distanza può esporre al rischio contenzioso circa la tracciabilità e segretezza delle comunicazioni delle sottocommissioni».
di Antonello Cherchi e Valeria Uva de Il Sole 24ore